ECCO QUALCHE ESEMPIO.
La storia di Cenerentola
raccontata dalla matrigna.
Questa è la mia storia, la storia di una povera vedova
con due amabili fanciulle.
Un giorno incontrai un nobile uomo, anche lui vedovo con
una figlia, dopo un po’ mi chiese di sposarlo. Dopo il matrimonio andammo a
vivere nella sua villa. Le mie figlie erano
felici di avere una sorella, ma Cenerentola si dimostrò subito scortese
con Anastasia e Genoveffa; era anche gelosa di me e faceva di tutto per
allontanarmi da suo padre. Purtroppo durante un viaggio il mio povero marito
morì.
Piano piano per risollevarci dal dolore, dato che non
potevamo più pagare la servitù, iniziammo a prenderci cura della casa, ma
Cenerentola, con la sua presunzione, poco a poco ci impedì di svolgere le nostre
mansioni, dicendo che lei era la padrona di casa e avrebbe fatto tutto lei:
lavare i piatti, cucinare, occuparsi degli animali, lavare i panni, tenere la casa
in ordine e pulita.
Un giorno, mentre io e le mie figlie eravamo in casa, sentii
il campanello, Cenerentola aprì la porta:
era un messo del re. Allora Cenerentola venne da noi e ci consegnò una busta con un biglietto dove c’era scritto che eravamo invitate al gran ballo.
Noi insistemmo per
farla venire ma lei si rifiutò, così continuammo a chiederle consigli su come
ci dovevamo vestire.
Arrivate al palazzo, dopo un po’ vidi entrare una
fanciulla molto bella con un'aria piuttosto familiare. Poi il ballo finì e tornammo
a casa.
L’indomani scoprii da come ondeggiava Cenerentola che
era lei la misteriosa fanciulla... mi sentii tradita: dopo che le avevo fatto da
madre e mi ero presa cura di lei, questo era il ringraziamento; la rinchiusi in
soffitta per farla riflettere sul suo gesto. Nel frattempo il granduca arrivò a
casa mia con una scarpetta di cristallo, capii subito che era di Cenerentola e
per questo motivo non dissi al granduca della sua presenza. Purtroppo le mie
figlie avevano i piedi gonfi e la scarpetta non entrò , non so come sia potuto
succedere, ma Cenerentola uscì dalla soffitta e, provatasi la scarpetta, andò al
castello col granduca.
Quella insulsa ragazza ha rovinato la vita a me e alle
mie due figlie.
Marina Giorgianni (I D)
La bella addormentata nel bosco raccontata da Malefica.
Quel
giorno, quello fu il giorno che portò la mia rovina.
Lo
ammetto, ho commesso un errore; era appena nata una principessina stupida,
brutta, antipatica, che non voleva smettere di piangere, così il giorno in cui si
celebrò il suo battesimo, dissi queste parole: “Quando questa bambina compirà
sedici anni, toccherà un ago e cadrà in un sonno eterno.”
Il
re, preoccupato, fece allontanare tutti gli aghi dal regno e decise di dare la
bambina alle tre fatine che se ne sarebbero occupate e l’avrebbero cresciuta in
campagna. Quelle cattive se ne affezionarono molto e, più passava il tempo, e
più ce l’avevano con di me.
La
bambina cresceva e cresceva e le fate
cattive erano sempre più tristi per quella storia della profezia. Arrivò il
giorno in cui la principessa compiva sedici anni e venne proprio da me: mi sembrava
disperata perché cercava un ago ma non riusciva a trovarlo e io (essendo molto
gentile e non volendo rovinare il mio carattere) glielo diedi: ecco la mia
colpa!
Lei
arrivò a casa e cadde in un grande sonno,
un sonno che non sarebbe dovuto
finire mai, però, dato che sono una persona gentile, come ho detto prima, quando
avevo lanciato l’incantesimo, avevo previsto pure un fenomeno per annullarlo:
il bacio del vero amore. E infatti “per fortuna”, quando la principessa cadde
nel sonno, arrivò nel regno un “bravissimo” principe. Il ragazzo
“fortunatamente” giunse pure al castello e, entrato nella camera in cui lei dormiva,
inciampò e cadde: le sue labbra andarono a toccare proprio quelle della ragazza…
Ma
non funzionò! E la principessa continuò pacificamente a dormire.
Ma dato
che io, come già ho detto tre volte, sono una signora gentile, annullai l’incantesimo.
Però
c’è sempre in giro gente pettegola e cattiva, per cui non so come, si “fecero
un film” secondo cui io sarei la cattiva e avrei rovinato tutti quei bei
momenti.
Giuseppe
Giaimis (I D)